PELLEGRINO SENZA META

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 IL PELLEGRINO SENZA TEMPO E META

Umberto, cammina da cinque anni (18mila Km già fatti) per le strade del Nord Italia, affidandosi alla preghiera: “Come i veri pellegrini di un tempo!”.

Non è usuale incrociare per strada un “pellegrino senza meta” come si definisce Umberto, lombardo di 52 anni da cinque anni in cammino, con una faccia ridente e aperta al dialogo: «Mi scambiano spesso per un barbone –spiega lui ironicamente-, forse perché porto la barba? Ma da cinque anni sono uno che cammina pregando, affidandomi completamente della Provvidenza del cielo, come i pellegrini d’un tempo…». In questi giorni sta camminando per le strade del Basso Vicentino, passando per Montegaldella, Nanto e Barbarano, diretto a Lonigo per raggiungere il convento dei frati di S.Daniele, per poi scendere verso il veronese senza alcuna meta precisa. Inutile chiedergli verso dove stia camminando: «Vado e basta!». Rifiuta la carità, ma accetta volentieri un pezzo di pane o dell’acqua. «So di essere visto come un pellegrino particolare, ma dopo aver fatto per un ventennio il pastore d’alta montagna, e aver lavorato chiuso in fabbrica, ho sentito il forte richiamo di vivere questa esperienza di strada, che non so quanto durerà o dove mi porterà. Per ora ho girato tutta l’alta Italia e dove andrò solo la preghiera me lo dirà…».

Con sé solo un bastone, delle scarpe che cambia ogni cinque mesi, uno zaino, ma niente cellulare o portafoglio. In cinque anni, percorrendo una decina di km al giorni ha già compiuto oltre 18mila km spinto dalla fede: «La gente non è più abituata a vedere dei pellegrini. La curiosità e la diffidenza è stampata sui volti dei più. Ma è vero anche che quando busso alla porta di canoniche o conventi ricevo sempre accoglienza e ospitalità». Un pellegrino autentico come precisa lui: «E’ facile come fanno molti partire in autobus o aereo per raggiungere un santuario, definendosi per questo dei pellegrini. Dormire poi in albergo e fare un pezzo di strada a piedi col rischio di dimenticarsi di pregare pur di rispettare il programma, non significa affatto vivere l’autentico spirito del pellegrino» continua Umberto all’ombra di un albero lungo il ciglio di un campo.

Questo spiega anche il perchè non hai una meta? «Certo, il pellegrino è uno che si fida e affida completamente a Dio, senza sicurezze o comiodità moderne». «E non sono migliore di altri dicendo o pensando queste cose, mostrando di aver scelto questo stile di vita errante. Anzi, non nascondo il mio passato burrascoso in perenne conflitto con il tabagismo e gli spinelli (dopo aver iniziato il suo cammino ha smesso con ogni dipendenza, mostrando quanto possa essere terapeutico camminare Ndr), essere stato ateo e poi diventato pacifista e seguace del buddismo». «Fino a quando trovai tra i tanti libri che leggevo in quel periodo, un Vangelo o è il Vangelo ha trovato me? Da allora la mia vita è cambiata, e la preghiera mi cambia quotidianamente, così che camminare-pregando è per me una cosa ormai normale».

La strada però non è un ambiente facile: «Devi avere fisico per affrontare le intemperie, ma il corpo di adegua anche a questo e che vogliate crederci o no, da quando sono partito non mi sono mai ammalato. Prima invece sapevo che mi stavo ammalando perché riuscivo a vedere il sole unicamente dal pertugio del bagno della fabbrica in cui lavoravo. Ditemi voi se quella era vita? Venivo dalla vita dei campi e della pastorizia, dove avevo imparato moltissimo da mucche capre e pecore. Da loro, più che dai filosofi o maestri umani, ho appreso il valore della vita e della morte. Cose che mi porto dentro ancora oggi…». «E’ facile dire d’essere un pellegrino. Il difficile è viverlo concretamente». Al punto che il suo rifiuto per il denaro lo spinge all’essenziale: «Non lo dico mica io. Pensate a San Francesco d’Assisi. Quando hai poco e quel poco ti basta, ogni piccola cosa diventa un tesoro. Anche un sorriso, un saluto, un gesto di generosità che ricevi per strada, li vivi come autentici doni preziosi. Ecco, questo cerco io e le sorprese per strada non mi mancano di certo! “.

“La mia famiglia sa che sto camminando, anche se non sanno dove. Se mi cercano basta che si rivolgano ai carabinieri, che subito m’intercettano. Un pellegrino a piedi e da solo oggi si fa notare facilmente…». Ai tanti che poi gli chiedono se ha mai pensato alla fine di questo suo infinito cammino, lui risponde: «Se stai bene, speri che non finisca, E se un giorno finirà, vorrei essere utile agli altri, magari in un centro Caritas a servizio dei poveri».

Poche battute le sue che fugano rapidamente il dubbio che s’insinua davanti a scelte di vita così radicali. Il suo sorriso è disarmante, al punto che chi lo ascolta vicino a me, prende dalla macchina un vasetto di miele da lui prodotto e glielo dona. «Volevate capire perché vivo così? Per gesti come questi qua. Gli stessi di cui si sono alimentati per migliaia di anni pellegrini in ogni parte del mondo». Parole e gesti dallo spirito d’altri tempi. Una figura che cammina goffa per strada, con una missione ben precisa: «Avvicinarsi alla vera felicità».

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