“LAMPO” SCULTORE COL GUFO

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COME UN “LAMPO”

Il mago del legno del Cadore, che ha un gufo reale per guardiano.

Immaginate di arrivare su una delle cime dolomitiche e da qui urlare: «Giauliii». E ancora: «Pinocchiooo”…», con l’eco che rimbalza nelle valli, come tra le pareti di roccia che arrossiscono al tramonto. Poi la misteriosa risposta di ritorno: «Eccomi, sono quaaaa!». Dalla fantasia alla realtà il passo è breve. Come un “Lampo”, che qui è anche il singolare soprannome di un visionario in carne e ossa, che si chiama “Mauro”. Un nome che da queste parti è un marchio di fabbrica per chi scolpisce il legno. Sono come una stirpe i “Mauri di montagna”: il Mauro Corona del Vajont e Mauro Olivotto, detto “Lampo” del Cadore. Scultori, scrittori, scalatori e straordinari affabulatori. Sono gli ultimi cantastorie delle valli e foreste montane, al punto che se andiamo in montagna per camminare nei boschi, scalare cime, osservare animali, apprezzare la cucina , cercando angoli di pace, è consigliato anche incontrare uno di questo “Mauri” speciali. “Lampo” non è affatto difficile trovarlo. La sua “tana artistica”, in realtà è una vera e propria bottega artigiana, è al centro di un borgo montano poco distante da Belluno, Castellavazzo, con meno di mille abitanti, che vanta 2700 anni di storia documentata. E anche questo – forse – è un segno, visto che Lampo da bambino nato in montagna, diventa “antropologo” all’Università, ma poi sceglie di dedicarsi totalmente alla sua scultura e fantasia.  «Lo trovate là dentro!» ti indicano i paesani, abbozzando un sorriso come a dirti: «Vedrai dove finirai!?».

 Il profumo del legno appena intagliato è una traccia olfattiva che t’accompagna fin davanti a una vetrata: «Avanti, avanti, ma chiudete la porta, altrimenti mi scappa Icaro, il gufo…». Normalmente si sente dire: «Mi scappa il cane o il gatto!?». Ma un gufo reale che fa da guardiano è cosa davvero rara. Se l’è cresciuto in casa fin dalla schiusa dell’uovo nell’incubatrice in un centro rapaci, undici anni fa: «Nato in cattività – come ci spiega Mauro –  Icaro era in ritardo sulla schiusa, tanto da comprometterne la sopravvivenza. Per mesi sono diventato la sua “mamma naturale”, imbeccandolo giorno.

Dopo di che, lui vive con noi e fa parte della famiglia umana e animale che ho». Gli occhi dentro la bottega sono tanti: quelli dei pinocchi, dei Giauli e quelli arancioni di “Icaro” che svolazza da una parte all’altra, incurante di chi infrange il suo spazio. Anzi, è consigliato abbassare la testa quando lui vola, perché potrebbe scegliere di posarsi sopra di voi, anche se preferisce di gran lunga quella di Lampo che con il gufo ci parla. E lui gli risponde con gorgheggi gutturali che lasciano esterrefatti. Guai però che veda entrare il gatto rosso striato di casa, perché allora il gufo guardiano cambia d’umore e “regalità”. Di sera poi, quando si spalanca la porta della bottega, il gufo esce per volare indisturbato sui tetti del borgo, fino a quando un preciso richiamo di Mauro lo richiama nella casa-tana a far da guardiano a quelle creature dall’anima di legno, che scrutano gli uomini entrare nel loro mondo. Nel cuore di un borgo dal sapore magico.

“I SUOI FIGLI DI LEGNO”

Sono i figli di legno, nati dalle mani dello scultore-narratore Mauro Lampo: «I Giauli – dice lo scultore -, sono i progenitori della gente che oggi popola le Dolomiti, e vivevano qui già 200 milioni di anni fa. Simili agli gnomi, mostrano però molti tratti del loro costruttore: il naso, le guance e altri particolari ancora. Con un DNA ben preciso: metà è umano, l’altro viene da alberi come il Cirmolo d’alta quota». Hanno quattro dita per mano e le loro orecchie a punta. Sono immortali e immuni a qualsiasi malattia (Coronavirus incluso). Utilizzano la telepatia o empatia con chi li osserva. Sono di buon cuore, pacifici e vivono in armonia con la natura, perché sono parte di essa, con specifici caratteri, mestieri e nomi: «Giusto, Ines, Arnika, Rosina o Bortolo, è l’ultima è nata Nives, come la neve».

E’ Lampo a dargli vita: «Per ogni figura servono oltre  cento ore di lavoro, tra pensarle, scolpirle, decorarle e vestirle con l’aiuto della moglie Manuela. Vanno dovunque arrivi lui: dalle cime all’oltremare, nei vari continenti toccati dall’artista. Viaggi divenuti pagine di un suo speciale libro: “La Terra dei Giauli”. Un atlante fantastico per meglio capire questo suo mondo in cui ci si perde e ritrova. Un po’ come tra le foreste di queste montagne.

“IL MIGLIOR MAESTRO DI PINOCCHIO”

E’ stato definito dalla Fondazione Collodi come il “migliore costruttore di Pinocchi al mondo”. A oggi ne ha costruiti oltre seimila di ogni misura e forma, finiti in ogni parte del mondo.  Il primo suo Pinocchio risale al 1998: «E dire che il burattino non mi è mai piaciuto, perché mi assomigliava troppo. Poi in un giorno di noi, mi trovai a mettere su un pezzo di legno tondo, un naso a punta e da lì la storia continua oggigiorno». «Col tempo, le mani, le forme e il racconto, ho capito che Pinocchio era e resta un “puro di cuore”.

Una di quelle creature che piacciono a me, la cui purezza viene sempre tradita dagli adulti». Ne ha costruiti così tanti, da aver pensato di organizzare per il prossimo ottobre il Primo Campionato Mondiale dei Costruttori di Pinocchio, che ovviamente si terrà nel paese di Collodi, in Toscana.  

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