GIO’ DI TONNO: il gobbo di Notre Dame

Di Antonio Gregolin                       -© riproduzione vietata del testo –

IL “GOBBO” DIVENUTO CANTANTE

Giò Di Tonno è per tutti l’interprete del musical Notre Dame de Paris. Oggi è  un affermato cantante e cantautore “senza troppi grilli per la testa”.

Da brutto, ma buono, come il “gobbo di Notre Dame”, oggi è diventato un brillante cantante, capace di partecipare e vincere  (nel 2008 in coppia con Lola Ponce) il Festival di Sanremo. Una carriera  fulminante  che dopo i successi conseguiti all’Arena di Verona con il musical “Notre Dame de Paris”, gli ha permesso di bruciare molte tappe, conquistando il cuore del grande pubblico. “Tutto è successo molto in fretta – afferma Giò di Tonno-, ma sono rimasto coi piedi per terra, perché so che il mondo dello spettacolo ti può far fare voli pindarici per poi confinarti nel dimenticatoio!”. Inizia così con una considerazione da ragazzo di strada l’intervista che ci porterà a conoscere un fenomeno musicale che ora  può vivere anche di luce propria.

Giò Di Tonno, un nome  a dir poco fantasioso! Musicale io direi! Così mi è stato dato e così me lo sono tenuto. Magari ho avuto un po’ di coraggio per tenere il mio Giovanni Di Tonno, ma mi è sempre parso che fosse sonoro. E poi ci si può facilmente ironizzare su!

Cantautori si nasce o si diventa? Si nasce. Sono nato con la capacità di osservare e cogliere le cose per quello che sono. Fortuna o sfortuna che sia, è un modo di vivere che ti viene da dentro.

Credi che la musica prima ancora che un piacere, sia una terapia? Assolutamente sì! Grazie alla musica ci si conosce meglio e più in profondità.

Tu allora di cosa soffri? Di passioni,  per ciò che suono,  vedo o sento.

Chi è Giò, fuori dal palcoscenico? Credo un ragazzo semplice nell’accezione più vera, schivo  -se possibile- alla superficialità!

Volevi diventare una star della musica? No! Sting ad esempio  è una vera “star”. Io faccio le mie cosa da buon artigiano o meglio, da operaio musicale

E se non fossi diventato un cantante, cosa avresti fatto? Non mi sono mai posto un’alternativa. Questo volevo fare fin da quando a tredici anni ricevetti il mio primo applauso. Avevo già iniziato a otto anni col pianoforte. Poi scimmiottando i cantanti, un giorno  fui invitato ad un matrimonio  e cantai su un  palchetto. Ero  timidissimo, ma lo porto ancora dentro il  ricordo di quel applauso spontaneo. Quel momento non mi ha più abbandonato. Ciò che continuo a fare è per rendere felice me stesso. Faccio musica per me stesso, ma senza nessuna particolare ambizione. In fondo è quello che so fare meglio nella vita!

Cosa hai fatto e cosa no per diventare famoso? Ho lavorato molto per potermi esprimere senza ambizione. Mi concedo solo il lusso di poter vivere di questo mestiere. Per questo non ho mai mollato anche nei momenti più difficili.

 

Se ti dico chitarra, pianoforte o batteria. Cosa scegli? Il pianoforte

Sei incline ai compromessi? Con moltissima difficoltà e col limite  segnato dalla dignità. Ho  sognato di fare il cantautore, ma mi sono  prestato al teatro e attore per sperimentare altre strade. Non credo però che si tratti di un compromesso

Hai un brano che vorresti incidere, ma non piace al produttore, che fai? Essendo co-produttore di me stesso lo posso fare liberamente. Altrimenti farei di tutto per convincere chicchessia.

Poesia e melodia, cosa sono per te? Una bella poesia è anche una bella melodia, ma non è una canzone. La scrittura-canzone ha altri canoni.

L’autore musicale che ti piace di più? Sting sicuramente…

E il cantautore? L’italiano, Ivano Fossati

Un giudizio sulla musica commerciale? C’è una bella pubblicità e una cattiva lo stesso e la musica.

Non ti limiti a cantare sempre e solo l’amore. Perché? La vita è piena di tante cose…

Molti giovani oggi fanno musica e vorrebbero “essere famosi”. Un tuo consiglio . Quello di lavorare sodo evitando di  seguire le mode se si vuole restare, al di là della retorica di circostanza. Diceva bene Alpacino:  “Una volta che hai capito ciò che vorresti fare, non ti resta che provare”.

Cosa invece gli consiglieresti  di fare? Non vendersi o peggio, svendersi

Come si fa a piacere ai giovani e agli adulti? Credo ci sia sempre un disegno superiore in  tutto. Nel mio caso il destino ha voluto che facessi un  musical (Notre Dame de Paris) che ha messo d’accordo tutti. Forse era scritto che dovessi farlo io…L’importante è poi far capire alla gente che sei vero. Su questo non puoi mentire con te stesso come con gli altri che ti ascoltano.

Tu sei ormai popolare come la tua musica? Certo, faccio una musica semplice…

Cioè? Essere vero e non banale. Semplice ma originale. Basta pensare a Battisti che era semplice, ma mai banale. De André fu  un poeta della canzone che della semplicità coglieva l’essenza.

Qual è l’idea che vorresti lasciare ai posteri? Il più tardi possibile, spero! (sorride) Vorrei lasciare l’amore che ho per questo mio mestiere.

Cosa non hanno mai  scritto sul tuo conto? Fatico leggere la parola “cantautore” accostata  al mio nome. E questo mi spiace molto! Sono conosciuto come interprete, ma sto lavorando perché il mio ruolo sia completo.

La critica che non hai digerito? Quella  di un famoso critico quando avevo 15 anni. Allora come oggi  continua a farmi sorridere: “ Giò non canta,  ma russa con entusiasmo”. Spero però di essermi svegliato da allora…

Sembri uno che non s’invischia col  gossip? Assolutamente,  dipende sempre da ciò che vuoi dal mondo dello spettacolo

Cosa pensi di programmi televisivi come ad esempio “Amici o X Factor” ? Illudono chi vi partecipa. Non voglio criticare vi prende parte,  piuttosto chi li pensa. Questo è ciò che il mondo offre oggi . Forse 10 anni l’avrei fatto anch’io. In fondo,  i ragazzi non hanno altri mezzi.

E dei reality? Lasciamo perdere…

Che idea hai sui ragazzi di oggi? Tutto il bene possibile.

E sui miti di oggi? Ci sono pochi miti reali. Chi li ha, spesso lo fa per sfuggire ad altro…

 

Sei uno impegnato anche nel sociale, al di fuori del tuo mondo musicale? Sono attivo in questo. Come socio onorario AIL lavoro  molto per loro. Per questo come ogni Natale torno nelle corsie d’ospedale tra i pazienti affetti da leucemia, a telecamere spente.

All’Arena di Verona mi è capitato di vedere tuo padre commuoversi agli applausi che ti attribuivano. Quanto credi sia importante che un genitore sostenga il proprio figlio nella sua passione? Oltre che importante è fondamentale. Questa è stata la mia grande fortuna: papà è il mio più grande fan e viceversa. Questo nella  vita come nello spettacolo.

E’ lui  il primo a credere in te? A tal punto da essere diventato un autentico “papone”. Si può dire così?

Gli hai almeno detto “grazie papà”? Sì, un miliardo di volte e in modi diversi. Avevo delle difficoltà ad accettarlo a 15 anni. Oggi invece, lo vedo ai miei concerti con enorme affetto e tenerezza. Ciao papà!

Se ti dicessi che per arrivare al successo “non conta i mezzi, ma il fine” cosa rispondi? Che c’è un limite a tutto!

I guadagni ti hanno cambiato la vita? No, al punto tale che ho faticato a cambiare la mia vecchia macchina.

Il grande pubblico ti ha incoronato con il musical  NOTRE DAME di Cocciante. Come sei arrivato a quel ruolo? Con un po’ di fortuna e  bravura. Fatti due Sanremo, nessuno mi filava Nel ’97 mi misi a studiare recitazione. Un giorno ricevetti  una telefonata di una amica che mi disse:  “C’è  Cocciante che  arriva in Italia con un musical. Vuoi provare? Il suo fu un gesto  di amicizia che mi cambiò la vita. Solo dopo un anno e mezzo,  riusciì ad incontrare Cocciante  che rimase entusiasta di me. Ma sapeste quanto lavoro c’è stato prima di quell’incontro…

Cos è  l’ispirazione? Credo che si nasca con la fortuna di cogliere il momento, che poi tramuti in parole o musica. Credo poi che sia l’istinto di capire quel qualcosa che ti è arriva direttamente  dall’alto…

Cosa  t’ispira di più? In questo sono un tradizionalista. Rispondo  la serenità del  posto in cui sono nato e ritornato a vivere: la mia Pescara.

Nel tuo stile traspare anche della spiritualità… Penso di sì! La timidezza è una mia caratteristica dove ritrovo anche la spiritualità.  Mi piace stare sul palco quanto defilarmi nella vita. La mia è poi una spiritualità musicale che riflette il mio continuo riflettere sulle cose.

In cosa credi? Credo in Dio. Sono cattolico, ma vado a pregare solo quando trovo le chiese vuote.

Ottimista o pessimista sul futuro? Ottimista

Sei arrivato? Macchè…

Dove vuoi andare? Chi lo sa, per ora continuo a correre…

Allora, buona corsa! Grazie, grazie. Ora sì però mi tocca correre se non voglio arrivare in ritardo!(conclude ridendo).

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