LA THAILANDIA NASCOSTA

di Antonio Gregolin                                        -riproduzione vietata di testo e foto-

E SALVALI DALLA TELEVISIONE

L’altra faccia della Thailandia, quella delle tribù del Nord, dove operano nostri missionari a difesa di una cultura che rischia presto di scomparire

Televisione e missionari: come “il diavolo e l’acqua santa”? L’ironia nasconde un’evidenza storica che, in paesi in forte sviluppo come la Thailandia, si tocca con mano. Il Vangelo non fa menzione di questo moderno mezzo di comunicazione, ma per i cinque missionari diocesani veneti “Fidei Donum” che operano da dodici anni nelle terre Thai, sostenere lo sviluppo significa anche conservarne l’identità e dignità culturale d’intere minoranze. Così per don Bruno Rossi, 41 anni, vicentino di Enego, don Piero Melotto 62 anni, veronese di Zimella, don Giuseppe Berti, 51 anni di Castion Veronese e don Attilio De Battisti, 46 anni, padovano di Montagnana, il confronto-scontro con la modernità è diretto quanto inevitabile. In Asia, il sacro e profano fanno ormai parte di un contraddittorio conseguente alla globalizzazione che per i nostri missionari è anche una questione “antropologica”. “Conosciamo i modelli che oggigiorno diffondono la televisione occidentale –aggiungono i missionari veneti, mentre ci accompagnano nei villaggi attorno alla missione di Chae Hom (a 100 Km dalla città di Chiang Mai)-, con la differenza che noi siamo passati  tramite un  graduale processo di adattamento  “mediatico”. Come a dire che siamo stati “educati” all’effetto televisivo.

In questa terra invece, la televisione in appena due anni sta mutando radicalmente la vita e la genuinità degli stessi abitanti dei monti, sbaragliando millenarie tradizioni”. Pannelli fotovoltaici e televisioni, sebbene ancora in bianco e nero, sono stati “donati” a tutte le etnie tribali dall’osannato  magnate ed ex-premier Thaksin Shinawatra, oggi esiliato dal paese per editto reale e divenuto poi l’ispiratore del movimento antigovernativo dei “Rossi” thailandesi. Una manovra nazionalpopolare dagli intenti propagandistici, che ha ignorato ogni impatto che questo “moderno regalo” avrebbe avuto sullo spirito delle antiche tribù.

Immagini nuove e patinate in poco tempo hanno invaso e poi sedotto giovani e vecchi, rivoluzionando gli stili di vita. “L’esempio più nefasto –spiega il don Bruno Rossi- è quello delle telenovelas che qui spopolano cercando di imitarne i modelli, come accadeva da noi negli anni ‘80.

L’incredibile è la rapidità con cui tutto ciò sta accadendo…”. La modernità dei messaggi televisivi si sovrappone così alle arcaiche credenze animiste dei villaggi palafitticoli, dove gli spiriti del bene e del male, fanno parte del quotidiano.

 

“E’ come se paragonassimo ciò che fu per noi la televisione negli anni ’60, quando tutti si riunivano attorno ad un unico televisore, con un’accelerazione che qui da fare paura”. E’ inevitabili! “Sì –ribattono i missionari-, il progresso di questi grandi paesi asiatici se confrontato coi nostri ritmi attuali di crescita è più che raddoppiato e poco importa se tra le prime “vittime” ci sono proprio quegli uomini rimasti lontani dalla civiltà!”.  La cosa certa è che qui come nel resto del mondo, la televisione assolve al ruolo di “specchietto per le allodole.

Si può dunque immaginare la confusione che tutto ciò crea nelle menti di questi popoli: “Ecco perché questa è per noi la nuova frontiera. Oltre che evangelizzare –racconta don Bruno- in un paese dove rappresentiamo appena lo 0,05% dei cristiani (una minoranza nella minoranza Ndr), assistendo i fedeli sparsi qua e là nelle differenti tribù che storicamente hanno ereditato le tradizioni fatte risalire ai primi evangelizzatori giunti in Cina nel 1600, il nostro aiuto si rivolge a tutti: cristiani, buddisti o animasti proprio per arginare i danni del dilagante mondo.

Attraverso un livello di educazione di base speriamo di raggiungere due obiettivi: quello di conservare e spiegare l’importanza delle tradizioni. E far sì che i ragazzi delle tribù non finiscano come emarginati nello squallore degli slum delle grandi periferie urbane, o peggio, nei “bordelli” per turisti.

don Bruno con una decana indios

Per salvare il salvabile ad esempio, chiediamo a questa gente d’indossare almeno nei giorni di festa i loro colorati costumi tradizionali: cosa che i giovani non intendono più fare, attratti dall’alcool o dai primi motorini…”. Quello che alla fine convince anche i più scettici verso l’evangelizzazione, è il vedere missionari che mediano diventando “educatori mediatici”. “Ho solo la malinconica impressione –conclude don Bruno-, che tribù come i Lahu, Yaho, Packagnon, Ckarian, diventeranno (o sono già diventati) immagini patinate per soli turisti o per documentari per quel piccolo schermo che omologa tutti e tutto, senza distinzione, fagocitando così millenarie civiltà che si scontrano oggi con la potenza di un semplice tasto del telecomando che li tele-comanderà verso un ignoto futuro nel pieno della globalizzazione”.

SCATTI DI MEMORIA

Immagini  queste che spiegano meglio di tante  parole la realtà  per cui si battono questi missionari.



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