STORIA DI UN “BIOSOGNO”

 

Di Antonio Gregolin                                           -copyright2011 testi e foto riservati-

“HO UN BIOSOGNO”

Nel veronese c’è il più grande vivaio di piante biologiche d’Italia e tra i primi in Europa, frutto di un sogno di un tecnico agrario che tornando  alla terra, ha voluto  carpire i segreti delle difese naturali delle piante, per poi produrre frutta naturale.

Mani grosse da contadino, cervello fino da ricercatore e una traboccante passione per le sue piante da frutto “biologiche”. Sì, perché ascoltando Alessandro Cavaler, 62 anni di Isola della Scala (Vr) dove svolge la  professione di vivaista fuori dagli schemi, prima di vedere i meli, peri, uve, ciliegi tutti biologici, si viene catturati dalla sua ammiccante filosofia di pioniere “naturale”, che l’ha portato a diventare il più grande produttore ed esportatore in Italia di piante da frutto, resistenti alle malattie. In poche parole: “alberi che non richiedono trattamenti chimici che producono frutti biologici”. Per molti resta un sogno, ma che dal 1973 è diventata una realtà per la famiglia Cavaler. Chi scrive ha raccolto personalmente la sfida otto anni, quando piantai una cinquantina di mele “Sansa, Florina, Golden Rush, ecc. nell’orto  di casa mia. “Nessun trattamento –mi disse allora un Cavaller un po’ più giovane-, semmai solo un po’ di solfato di rame e niente più! Vedrà che pomi”. Gli ho visti eccome, anzi evitando anche il verderame, e da agosto a ottobre mi gusto mele completamente naturali. Un piacere bucolico oltre che pratico: un’esperienza quella di poter raccogliere mele direttamente dall’albero, che ai più sembra un rito  d’altri tempi e non da supermercato.

DA TECNICO DI LABORATORIO A PRODUTTORE “BIO”

Il “miracolo” di Cavaler, quello cioè di coltivare piante resistenti che non richiedono trattamenti  chimici, non è però il risultato di una modificazione genetica, come viene facile pensare.  “Niente genetica –afferma Cavaler-, ma più semplicemente una selezione di cinque varietà differenti, innestate su un ramo di Malus Fluribunda, ovvero,  melo selvatico”. Facile a dirsi, meno a farsi, tanto che il Cavaler forte della sua esperienza giovanile come tecnico presso l’Osservatorio per le malattie delle piante di Verona, allora fu colto da un dubbio che diventerà poi la sua e nostra fortuna: quella di combattere gli insetti con altri insetti, evitando la chimica.  “Elementare, basta vedere come si comporta la natura”. Un principio che gli aprirà la strada e gli occhi ad nuovo modo di fare e pensare l’agricoltura.

Così dopo aver sperimentato da sé i promettenti risultati degli incroci fatti negli anni ’70 dai giapponesi che avevano prodotto l’ormai famosa varietà di mela “Sansa”, e gli americani e francesi con la varietà “Florina”, tutti con ottimi risultati di resistenza ai parassiti, Cavaler chiese e ottenne l’autorizzazione di  coltivare e riprodurre  anche in Italia queste varietà.Ma com’è possibile che un tecnico, avvezzo ai metodi ufficiali, possa trasformarsi in un pioniere del biologico italiano? “Semplice -afferma lui con la saggezza del vecchio contadino-, basta usare gli occhi, il cervello, e la sensibilità verso ciò che poi mangiamo. Prima di lui il filosofo Ludwig Feuerbach aveva detto: “ Noi siamo ciò che mangiamo”, e oggi l’azienda Cavaler è un microcosmo dove il naturale è una questione di stile, di pensiero che diventa qualità e salute .

CONOSCIUTO ALL’ESTERO,  MA POCO IN ITALIA

E’ il solito discorso del “nemo profeta in patria”. Così Cavaler finisce con l’essere conosciuto molto all’estero ma poco nella sua Patria. Se c’è poi da immaginarsi un futuro per la nostra agricoltura, viene da sperare, guardando al panorama europeo, che una delle possibili strade passi proprio dalla volontà e qualità di figure come Cavaler. Da questa sua conduzione famigliare di vivaio che produce 100mila piante l’anno, di cui oltre la metà destinate a paesi come la Germania, Ungheria, Bulgaria: “Solo l’anno scorso –spiega il produttore-, abbiamo prodotto e piantato per conto della Rigoni confetture di Asiago, leader delle confetture biologiche in Europa, oltre 600mila meli per le loro coltivazioni “bio” in Bulgaria. La contagiosa passione di papà Alessandro, da anni sta occupando anche il figlio Roberto, cui ora è affidato l’intero comparto estero:  “E’ sempre un fatto di cultura –replica il figlio Roberto-, così è paradossale che noi produciamo piante in Italia per poi esportare all’estero, da cui verrà il cibo naturale destinato al nostro paese”. Atteggiamento che qui si scontra con il commercio globale, ma soprattutto con gli interessi delle multinazionali della chimica.

Su questo Cavaler fuga ogni dubbi ed esterna i suoi dubbi:“Vi pare mai possibile che i nostri contadini pur sapendo che esistono varietà di alberi resistenti alle malattie che necessitano pochi trattamenti che favorisce il risparmio economico, offrendo cibo genuino, non intraprendano ciò che all’estero per molti coltivatori è già una felice realtà? Dietro questa idiosincrasia ci sono gli interessi mal celati dei signori della chimica che vedendoci come dei pericoli, fanno quadrato attorno ai contadini e al  mercato”. “C’è poi il fatto che noi italiani siamo stati educati dalla pubblicità a magiare prima con gli occhi e poi con la bocca, senza immaginare cosa realmente fagocitiamo. Il risultato sta tutto sugli scaffali dei supermercati: mele gialle e rosse prodotte in “batteria”, senza difetto e con un gusto indecifrato. Ai nostri consumatori, alla fine importa poco sapere come si  arriva a questi risultati! E i produttori dal canto loro, stanno bene in guardia a non svelarne i loro intrallazzi chimici. Non dicono che si arriva a fare venti trattamenti delle mele per completare la filiera dal  campo al banco . Se noi siamo andati fuori dagli schemi commerciali  è perché vogliamo essere certi di ciò che i nostri figli mangiano!”.

“CONTA SOLO CIO’ CHE MANGIAMO”

Ma il popolo più “esteta” d’Europa, cioè gli italiani, stanno cambiando. Effetto crisi, volontà di tornare al gusto genuino o presa di coscienza dei consumatori, sta di fatto che da noi il “biologico”  sta galoppando. “In realtà, corriamo da oltre venti anni –spiega il padre Alessandro- e lo faccio da quando solo e senza tanti aiuti economici, ho abbandonato il laboratorio per trasformarmi in coltivatore e produttore. Da allora la mia meta non è mai cambiata, e posso dire oggi che i miei sogni stanno diventando finalmente realtà! Certo, l’Italia fatica a stare al passo dei paesi cosiddetti “orti d’Europa” come la Bulgaria, Romania, Moldavia, che sul biologico stanno investendo molto. Credo però che per noi sia solo questione di tempo e sensibilità”. Strana è sapere che siano gli stessi produttori italiani ad investire in quei paesi: “Lì costa meno la manodopera, ma c’è anche una maggiore qualità e garanzia se si considera che interveniamo su terreni pressoché incontaminati”. “ Ma sta cambiando anche qui da noi. Spediamo piante in molte regioni d’Italia , comprese le valli “storiche” del Trentino dove  pian piano stiamo potenziando il settore biologico, che però ancora combatte contro i marchi che seguitano a fregiarsi di produrre mele sane grazie alle coccinelle”. “E qui chi ha orecchi per intendere, intenda” conclude salomonico Cavaler.

“Quando i nostri agricoltori capiranno -spero presto- che produrre meglio,abbattendo i costi è possibile, molto cambierà anche da noi. Salvo restando che i “biofurbi” ci saranno sempre e comunque! ”. Cavaler di assi nella manica sembra davvero averne molti:  “Vede, io vendo passione con piante! E continuo a coltivare sogni, come quello che le sto per mostrare:  sono mucche, bufali e maiali che ho iniziato ad allevare in maniera completamente naturale. I miei maiali finiscono col razzolare sotto i miei frutteti nutrendosi di frutta sana. Tanto che e se li guardate bene, sembra che vi sorridano. Non vi pare?”. Gli diedi  una risposta, ma questa è un’altra storia…

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